
La destra vuola la scuola in ginocchio, altro che bersaglieri !
2 Giugno 2025Prima “Diteci i nomi”, poi cosa arriveranno le spranghe ?
Non si tratta più solo di un inquietante protocollo con i bersaglieri. Non è più solo l’ennesimo scivolone autoritario di un ministro che vorrebbe la scuola ridotta a un campo d’addestramento. No. Stavolta si sta andando oltre: si chiede l’identificazione pubblica di docenti che esprimono dissenso. E lo si fa con toni che evocano direttamente i periodi più bui della nostra storia.
È successo su Facebook, sotto un post dell’assessora Bonfiglio del Comune di Magenta. Alla legittima presa di posizione di un gruppo di insegnanti del liceo Bramante contro l’entrata ideologica dei bersaglieri a scuola, qualcuno commenta:
“Bisogna pubblicare i nomi dei docenti”.
Segue un altro: “Io nelle scuole dove insegna sta gente ci farei entrare la X Mas”.
E l’assessora? Non rimuove. Non dissente. Non prende le distanze. Commenta. Anzi, aggiunge che “i risultati sono sotto gli occhi di tutti”, riferendosi alla “scuola in mano alla sinistra, infarcita di wokismo”. Come a dire: se l’istruzione pubblica non si piega alla propaganda governativa, allora va messa sotto controllo ?
Siamo dunque al punto che:
- chi insegna a pensare viene additato come nemico;
- chi difende l’autonomia scolastica viene considerato fazioso;
- chi non si allinea deve “guardarsi le spalle” ?
🔥 Caccia al professore?
È questo il clima che si vuole generare? Quello del sospetto, della gogna, della delazione? Ci dobbiamo aspettare che, dopo la pubblicazione dei nomi, arrivino le macchine sotto casa dei docenti? Con dentro chi? Picchiatori? Milizie nostalgiche col manganello facile?
Non è allarmismo. È memoria storica.
Perché è già successo. Nel ventennio fascista:
- furono epurati centinaia di insegnanti antifascisti;
- si impose il giuramento di fedeltà al regime;
- si riscrissero i programmi per “educare” alla guerra e al culto del Duce.
Oggi, lo schema si ripete in forma diversa ma non meno pericolosa:
- si stringono accordi con associazioni militari per “formare i giovani” (non è il caso che l’associazione dei Bersaglieri prenda le distanze?)
- si attacca l’autonomia didattica accusandola di “ideologia sinistroide”;
- si punta a sostituire la complessità della storia con un racconto semplice, patriottardo, autoritario.
🧠 Ma la scuola non si addestra: si educa
Lo abbiamo già detto, lo ribadiamo oggi con ancora più forza: la scuola non è una caserma. Non si può ridurre l’educazione civica a una sfilata militare. Non si può imbottire di propaganda patriottica quello che dovrebbe essere un processo critico, plurale, democratico.
Il vero obiettivo – lo si capisce bene anche da questi commenti social inquietanti – non è insegnare l’inno o la bandiera. È rimettere la scuola sotto controllo, renderla un luogo di ripetizione e obbedienza, smantellare l’autonomia del pensiero, cancellare il dissenso.
🛑 Non ci stiamo
Noi stiamo con i docenti che parlano, che protestano, che educano alla complessità.
Stiamo con chi non china il capo davanti alla retorica autoritaria.
Stiamo con chi ha il coraggio di dire no, anche quando è scomodo, anche quando è rischioso.
Perché se oggi la destra vuole i nomi, domani potrebbe volere il silenzio.
E allora, come sempre nella storia, ci sarà bisogno di chi sa dire ancora una volta: no, non in nostro nome. Non nella scuola. Non nei cervelli dei nostri figli.
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