Dai fasti del Fornaroli al presente incerto

Dai fasti del Fornaroli al presente incerto

10 Ottobre 2025 3 Di admin

Magenta e l’ospedale che fu simbolo di eccellenza

La storia dell’Ospedale Fornaroli di Magenta è una di quelle che raccontano, meglio di tante altre, l’evoluzione di un territorio e del suo rapporto con la sanità pubblica.
Un percorso che parte da lontano — quando la città decise di dotarsi di una struttura moderna e funzionale, capace di sostituire il vecchio ospedale ormai inadeguato — e che culminò, nel 1970, con l’inaugurazione del nuovo edificio: un gioiello di architettura sanitaria, pensato per durare e per formare.

Già allora il Fornaroli era più di un ospedale: era un simbolo di progresso, un centro di eccellenza

Il progetto, firmato dagli architetti Augusto Magnaghi e Mario Terzaghi, ambiva a creare un polo sanitario moderno e autosufficiente, immerso nel verde, con spazi dedicati alla formazione infermieristica e medica. L’obiettivo era chiaro: fare del Fornaroli un punto di riferimento non solo per Magenta, ma per tutta la Lombardia occidentale.
E così fu. Per anni, il “nuovo Fornaroli” rappresentò un modello, sia per la qualità delle cure sia per l’organizzazione interna.

Oggi, però, quel modello sembra appannato

La sanità lombarda vive una stagione di valutazioni e numeri, dove il giudizio sull’efficienza di un ospedale si misura in punteggi e percentuali più che in fiducia e prossimità.

Come ha riportato di recente il Corriere della Sera (“Tempo di pagelle per i direttori generali della sanità lombarda”, ottobre 2025), la Regione ha diffuso le valutazioni annuali dei direttori generali degli ospedali pubblici, basate sul raggiungimento di obiettivi come l’abbattimento delle liste d’attesa, il miglioramento dei pronto soccorso e le attività di prevenzione.
Un sistema che lega direttamente i risultati alla parte variabile dello stipendio: 100 punti valgono 31 mila euro lordi, ma chi non supera i 60 resta a mani vuote.

Nel caso dell’Ovest Milanese, il direttore generale Francesco Laurelli si è fermato a 78 punti: un risultato discreto, ma non certo entusiasmante, specie se si guarda alla storia gloriosa di un ospedale che un tempo aspirava all’eccellenza.
Settantotto punti su cento: un voto che racconta una gestione “sufficiente”, ma che lascia aperti molti interrogativi.
Perché, al di là delle pagelle regionali, chi frequenta il Fornaroli — da paziente o da operatore — sa bene che le difficoltà sono molteplici: liste d’attesa interminabili, pronto soccorso sovraccarico, reparti che faticano a mantenere personale stabile, servizi ridotti all’essenziale.

Si dirà che la crisi è generale, che mancano medici e infermieri ovunque, che la pandemia ha lasciato ferite profonde. Tutto vero. Ma resta la sensazione che, rispetto ai fasti del passato, il Fornaroli abbia smarrito qualcosa della sua identità originaria: quella tensione verso l’eccellenza, quella fiducia reciproca tra struttura e territorio, quell’idea che la sanità pubblica fosse un bene comune da difendere e valorizzare.

Oggi il Fornaroli è ancora un punto di riferimento, ma più per necessità che per scelta.
E forse la vera sfida, più che collezionare punteggi o premi di risultato, è ritrovare lo spirito di chi, sessant’anni fa, costruì un ospedale pensando al futuro e non al bilancio.