Proteste Studentesche: oltre l’obbligo di Conformità
10 Maggio 2024Riflessioni sull’autonomia di pensiero attorno allo scontro Palestina-Israele
Fanno accapponare la pelle alcuni commenti sulle proteste degli studenti a favore della Palestina e contro Israele.
Fissato il punto fermo, anzi fermissimo, che durante le manifestazioni non sono tollerabili violenze di alcun genere, quello che colpisce è la condanna non delle azioni, ma del pensiero e delle motivazioni che le muovono.
Gli studenti vengono definiti, ignoranti, nullafacenti, impreparati, antisemiti, fiancheggiatori dei terroristi, simpatizzanti di Hamas.
Dalla parte sbagliata, a prescindere. Quella giusta sarebbe, altrettanto a prescindere, difendere Israele qualsiasi nefandezza compia.
Gli studenti, ma non solo. C’è una parte crescente dell’opinione pubblica italiana, e mondiale, che condivide le ragioni della protesta e comincia a mostrare segni di insofferenza rispetto a questa sorta di obbligo istituzionale a schierarsi con Israele, indotto da una narrazione pregiudiziale che nega l’evidenza, piuttosto che da un giudizio limpido sulla realtà.
Che i detrattori degli studenti siano mossi da servilismo, da superbia intellettuale, o che siano in assoluta buona fede, quello che è tristemente evidente in questo scenario è la totale mancanza delle ragioni stesse per cui un politico, un intellettuale, un opinionista è degno di definirsi tale : cioè saper “leggere” la realtà, interpretarla, farsi delle domande, prima ancora che pretendere di avere già le risposte pronte.
Le domande, in questa Italia decadente, danno fastidio.
Chi pone delle domande, è visto come un complicatore di scenari, e come tale un disturbatore.
Il potere e il consenso attuali si fondano sulla semplificazione di ogni cosa, e dunque, sulla capacità di confezionare e vendere come certezze le proprie risposte, anche se comprendenti ogni sorta di aberrazione.
Possibile che Israele abbia sempre ragione e siano gli altri a sbagliare sempre?
Il fatto che Israele sia l’unica democrazia del Mediorente è un’argomentazione sufficiente a legittimare ogni azione e ogni atteggiamento verso altri Stati al di fuori dei propri confini territoriali? Uno Stato non può essere democratico al proprio interno e al tempo stesso aggressivo e prevaricatore verso gli altri?
Il sacrosanto principio alla difesa e alla reazione rispetto agli attacchi subiti ha dei limiti o questi limiti possono essere travalicati andando oltre ogni principio di proporzionalità’ riconosciuto dal diritto internazionale?
E’ ammissibile che ogni volta che si muova una critica al governo di Israele si viene tacciati di antisemitismo, o peggio, di essere fiancheggiatori di Hamas?
E’ ancora valido il diritto internazionale, e le istituzioni preposte a garantirlo, o è valido a geometrie variabili, a seconda che uno Stato sia amico o nemico, che faccia comodo o no all’Occidente?
Se in tutto il mondo sta emergendo un crescente clima di insofferenza ci sarà una ragione o sono tutti terroristi o, nella migliore delle ipotesi, antisemiti?
Sarà forse un caso che quelli che dicono “Io sto sempre con Israele” di fronte al massacro dei Palestinesi, sono gli stessi che dicono “Io sto sempre con le Forze dell’Ordine”, anche di fronte ai pestaggi e alle torture in un carcere minorile ?
O si riconosce il primato del ragionamento e della capacità di confrontarsi con la complessità delle cose, o altrimenti rischiamo qualcosa di ancor più pericoloso dell’antisemitismo ( quello vero) : l’affermarsi, in questo in questo totale vuoto di autorevolezza, politica e culturale, delle democrazie autoritarie.