
Libro e moschetto, studente perfetto
31 Maggio 2025L’ossessione di Valditara per una scuola senza pensiero
Il protocollo d’intesa firmato lo scorso 31 gennaio tra il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e l’Associazione Nazionale Bersaglieri non è passato inosservato. A distanza di mesi, continuano a emergere i contorni di un disegno preciso: trasformare la scuola italiana in un avamposto ideologico della destra nazionalista.
Già il giorno stesso della firma, sui social del Ministro – o sedicente tale (verrebbe da scrivere) – comparivano decine di commenti indignati, ironici, preoccupati. Una reazione spontanea, trasversale, segno che la società civile, gli insegnanti e i cittadini non sono disposti a restare in silenzio di fronte a un tentativo così goffo quanto pericoloso di strumentalizzare l’educazione pubblica.
Solidarietà ai professori del Liceo Bramante
Ed è in questo contesto che va letta la lettera di un gruppo di insegnanti di Magenta, che con coraggio e lucidità hanno espresso il loro dissenso verso l’applicazione concreta di quell’accordo all’interno delle scuole. Nessuno, nessuno, ha messo in discussione i bersaglieri che sfilano a passo di corsa per la commemorazione del 4 giugno, né la dignità di quel rito.
La critica è ben più seria e va al cuore del problema: il protocollo tra il Ministero e un’associazione militare per entrare nelle scuole, con lo scopo dichiarato di “promuovere i valori fondanti della Repubblica”, è una forzatura ideologica grave, che scavalca ogni idea di libertà educativa e autonomia didattica.
Inutile girarci intorno: questa operazione puzza di propaganda da lontano. Non c’entra Magenta, non c’entra la fanfara, non c’entrano le piume al vento, non c’entra nulla. C’entra il senso di frustrazione, di inferiorità culturale e l’ossessione che la destra ha nei confronti di alcuni mondi della formazione e della cultura nel nostro Paese. Un’ossessione che si traduce in una continua occupazione degli spazi educativi, nel tentativo di costruire una narrazione unica, addomesticata, “obbediente”.
La storia si studia, non si riscrive
Può un ministro, che dovrebbe occuparsi di ben altro – dati gli enormi problemi strutturali della scuola pubblica – avere come priorità quella di sponsorizzare i bersaglieri come “titolari di valori di civismo e senso delle istituzioni”? E davvero vogliamo accettare, senza colpo ferire, che si riscriva il senso dell’unità nazionale affidandolo a un corpo militare, come se tutto il processo storico del Risorgimento e del Novecento si potesse ridurre a una narrazione patriottarda, unidirezionale?
A parte che, storicamente parlando, ci sarebbe moltissimo da discutere su quali valori siano stati rappresentati nei decenni passati da determinati simboli militari. Ma la questione, ancora una volta, è educativa e democratica. L’insegnamento è libero, anche della storia e dell’educazione civica. Non è certo un Ministro – tanto più uno che di pedagogia e di scuola ha una visione verticale, disciplinare, paternalistica – a dover decidere cosa trasmettere nelle classi. Questo è compito dei docenti, non del governo di turno.
Ma, come spesso accade, ci si muove nella nebbia del conformismo. Soprattutto in realtà locali dove l’equilibrismo politico domina: meglio non esporsi, meglio non dire, meglio non urtare la suscettibilità di chi vuole la scuola come vetrina di consenso e non come luogo di coscienza critica. Chi dissente, viene accusato di “offendere le tradizioni” o peggio ancora, di mancare di rispetto a un corpo militare. Falsità ridicole e strumentali.
La verità è che il progetto di Valditara è chiaro da tempo: ridurre la scuola a un luogo di addestramento alla disciplina, all’obbedienza, alla gerarchia. “Libro e moschetto, fascista perfetto”: è questo il modello ideale che emerge, neppure troppo tra le righe, da molte delle sue iniziative.
Ne volete un elenco?
- “Più compiti per chi si comporta male” – Il Sole 24 Ore, 9 novembre 2022 – come se la pedagogia fosse un sistema punitivo ottocentesco.
- “Lo studio del latino per combattere il bullismo” – La Repubblica, 27 novembre 2022 – un’idea grottesca, che ignora le cause sociali, economiche, relazionali del disagio scolastico.
- “La Bibbia nelle scuole per imparare a parlare bene” – Fanpage, 18 ottobre 2023 – una proposta che scivola pericolosamente verso il confessionalismo, in barba alla laicità della scuola pubblica.
- “Ritorna l’insufficiente alle elementari” – Il fatto quotidiano, 25 settembre 2024 – come se dare 4 ad un bambino di seconda elementare fosse la risoluzione dei problemi di apprendimento.
Ora, con il protocollo coi bersaglieri, si aggiunge un altro tassello a questa deriva. E viene da chiedersi: cosa accadrà domani? Una circolare per celebrare D’Annunzio e l’impresa di Fiume? L’esaltazione delle camicie nere come “difensori dell’italianità”? La riscrittura dei manuali scolastici in chiave “identitaria”?
C’è un tempo per tutto. E questo è il tempo di alzare la voce, di non cedere, di non far passare sotto silenzio un’offensiva pericolosa che mira a occupare le menti dei più giovani, smantellando il ruolo critico e pluralista della scuola.
Perché una scuola che pensa, che interroga, che dubita, che insegna la complessità, è l’antidoto migliore contro ogni autoritarismo.