
La scuola libera fa paura alla destra
1 Giugno 2025Ieri col fascismo, oggi con la sorveglianza ideologica
C’è un filo rosso – anzi, nero – che unisce il passato al presente, e passa per le aule scolastiche.
Storicamente, ogni volta che la destra ha avuto il potere, ha cercato di mettere le mani sulla scuola. Non per migliorarla, non per darle più risorse, non per ascoltare chi ci lavora dentro. Ma per controllarla. Per addomesticarla. Per trasformarla da luogo di pensiero critico a fabbrica di consenso.
È successo nel ventennio fascista, quando l’istruzione fu piegata alla logica della propaganda: i programmi furono riscritti per esaltare patria, guerra e obbedienza; i docenti furono costretti a giurare fedeltà al regime; chi si opponeva veniva cacciato. La scuola non doveva formare cittadini, ma sudditi.
E oggi? Oggi non ci sono più camicie nere nei corridoi, ma qualcosa di simile si sta muovendo, più silenzioso, più sottile, ma non meno pericoloso.
Chi governa oggi, a destra, continua a lanciare segnali inequivocabili: chi educa al pensiero critico, alla giustizia sociale, all’antifascismo o alla parità di genere viene spesso bollato come “ideologico”, come “fazioso”, come un “pericolo” da segnalare. Si vorrebbero “controllare i contenuti” delle lezioni. Si invocano “neutralità” e “disciplina”, ma la verità è un’altra: si vuole una scuola che non disturbi, che non faccia domande, che non spinga a pensare.
Ma la scuola non è e non deve essere neutrale. Perché una scuola neutra in un mondo ingiusto finisce per diventare complice. La vera scuola è quella che dà strumenti per leggere la realtà, per metterla in discussione, per immaginare alternative. È quella che educa, non quella che addestra.
E allora dobbiamo dirlo chiaramente: la libertà di insegnamento non è un privilegio dei docenti, è un diritto degli studenti. È la garanzia che nella scuola ci sia spazio per tutte le domande, anche quelle scomode. Che ci si possa formare come cittadini liberi, e non come esecutori docili.
Nel ventennio fascista, tutto questo fu cancellato in nome dell’ordine. Oggi rischiamo di perderlo in nome della “sicurezza”, della “normalità”, del “buon senso”. Ma il risultato è lo stesso: una scuola che smette di essere viva.
Non possiamo permetterlo.
La scuola è una delle poche frontiere rimaste per costruire un mondo diverso. Per questo fa paura. Per questo la vogliono silenziosa.
Ma una scuola silenziosa è una scuola morta.
Noi, invece, la vogliamo viva, libera, pensante. E disobbediente, quando serve.