
Prof, ma allora… possiamo ancora pensare?
5 Giugno 2025Lettera immaginaria di uno studente a un professore che ha scelto il silenzio
Professore, posso farle una domanda?
Non per sapere se domani c’è il compito, ma per capire se qui dentro possiamo ancora pensare.
Lei ci dice sempre che la scuola è il luogo dove si formano le coscienze. Che dobbiamo imparare a guardare il mondo con spirito critico, a non accettare le cose solo perché ce le dicono dall’alto. E io le ho creduto. Per questo oggi non capisco il suo silenzio.
C’è stata quella lettera — lo sa bene — in cui alcuni suoi colleghi hanno scritto al Ministro per dire che l’ingresso dei bersaglieri nella nostra scuola non era un atto neutro, ma un messaggio preciso. E che la scuola, proprio perché è scuola, non dovrebbe piegarsi a certe rappresentazioni, a certi simboli militarizzati, senza discuterli, senza filtrarli. Una lettera che non chiedeva di schierarsi per partito preso, ma di rivendicare il diritto a un dibattito, a una scelta consapevole. Il diritto, in fondo, alla complessità.
E lei, professore, che ci insegna con tanta passione, che ci racconta sempre come le democrazie si difendono con le idee… non l’ha firmata.
Lo dico con rispetto, ma anche con delusione
Perché se chi ci educa alla libertà poi tace, che libertà è?
Capisco che non sia facile. Magari ha avuto pressioni, magari ha pensato che non fosse il caso, che fosse solo “una cosa da grandi”, o da “prof politicizzati”. Ma sa qual è la cosa più “politica” che lei possa fare con noi? Essere coerente.
Oggi la libertà di pensiero viene spesso ridotta a un hashtag. Ma noi, studenti, la libertà la stiamo imparando a costruire parola per parola, nel silenzio delle nostre paure, dei nostri tentativi. E in questo percorso abbiamo bisogno di sapere che lei è dalla parte del dubbio, della domanda, della voce che si alza senza temere di essere stonata.
Professore, lei ci dice sempre che la scuola è anche educazione civica, responsabilità, consapevolezza. Allora le chiedo: qual è la responsabilità di un educatore quando intorno a lui il pensiero critico viene guardato con sospetto? Quando chi esprime perplessità su scelte imposte dall’alto viene dipinto come “ideologico”? Quando persino in una scuola bisogna contare quante firme ci sono prima di decidere se un’idea vale?
Io non le sto chiedendo di cambiare idea
Le sto chiedendo di aiutarmi a credere che questo spazio – la scuola – sia ancora un luogo dove le idee non si misurano in base al numero di firme, ma al coraggio con cui vengono espresse.
Prof, noi studenti non abbiamo bisogno di eroi. Ma almeno di adulti che non abbiano paura di pensare. E di pensare insieme a noi.
Con rispetto,
uno dei suoi studenti.