
Addio a Francesco, il Papa degli Ultimi
21 Aprile 2025Un’anima rivoluzionaria che ha scosso le coscienze del mondo
Se n’è andato Papa Francesco.
E con lui se ne va molto più di un pontefice: se ne va una voce dirompente, fragile e potente, capace di parlare al cuore dell’umanità più smarrita. Se ne va il pastore che ha scelto di camminare con i poveri, che ha preferito le periferie ai palazzi, che ha rifiutato i fasti del potere per abbracciare la nudità del Vangelo.
Francesco è stato, per noi, il Papa impossibile. Un gesuita sudamericano sul trono di Pietro. Un uomo che veniva “dalla fine del mondo” per provare a cambiare il centro. Che ha usato parole come “misericordia”, “inclusione”, “giustizia sociale” come fendenti nel cuore di un mondo sempre più cinico, sempre più individualista.

No, non era perfetto. E non ha mai voluto fingere di esserlo. Ma ha avuto il coraggio – sì, il coraggio – di portare nella Chiesa il vento dell’umano.
Ha aperto spiragli dove c’erano muri. Ha parlato di accoglienza mentre i governi chiudevano i porti.
Ha difeso il diritto di ogni persona ad amare e ad essere amata mentre troppi si rifugiavano dietro la morale come scudo per l’intolleranza.
È stato il Papa che ha guardato negli occhi i migranti di Lampedusa e ha pianto con loro.
È stato il Papa che ha denunciato l’ipocrisia dei mercati, delle guerre fatte per interessi economici, delle bombe vendute a chi uccide.
È stato il Papa che ha chiesto perdono per gli abusi, senza tentare di nascondere le ombre sotto il tappeto sacro della curia.
In un tempo in cui la religione spesso divide, Francesco ha cercato l’abbraccio. Ha parlato con i non credenti, ha dialogato con l’islam, ha ricordato che Dio non è una bandiera da sventolare contro l’altro, ma una carezza da condividere.

Da sinistra – da questa sinistra stanca, disillusa, spesso afona – abbiamo guardato a lui con sorpresa e ammirazione.
Perché in un mondo che ha perso la bussola morale, Francesco ci ha ricordato che la rivoluzione parte dagli ultimi.
Che essere dalla parte dei poveri, degli esclusi, dei dimenticati, non è carità: è giustizia.
Oggi, mentre le campane suonano a lutto, il nostro dolore è quello di chi perde un alleato imprevisto. Un compagno nel senso più profondo: uno che ha condiviso il pane delle nostre domande e delle nostre lotte.
Ma se ne va anche con un’eredità potente: quella di una Chiesa che ha provato ad assomigliare più a Cristo che all’Impero. E questo, a prescindere da tutto, è un miracolo che non dimenticheremo.
Ciao, Francesco.
Hai camminato con noi. Ora riposa in pace, tra le braccia di quel Dio di misericordia che hai saputo incarnare come pochi.
Noi proveremo, anche senza di te, a non smettere di credere nella tenerezza. E nella giustizia.